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Oriana Fiumicino nel ruolo di Maria Petrucci |
La storia è scritta sotto forma di lettera alla mamma da parte di una donna del sud Italia che, insieme al marito, deve affrontare un lungo viaggio per arrivare in America e cercare fortuna, viaggio che si rivelerà però molto fuori dalle aspettative.
Il viaggio, realmente accaduto,
comincia quando la protagonista del monologo, Maria Petrucci, raccogliendo i
soldi generosamente donati da tutto il paese, compra il biglietto per lei ed il
marito e, partendo con il treno, arriva al porto di Napoli per imbarcarsi.
Si prova molta tenerezza nel
vedere l’ingenuità di questa donna, che non aveva mai visto il mare, che non
sapeva quanto rigida fosse la divisione tra classi sociali anche sulla nave, che
non aveva gli strumenti per prevedere la durata del viaggio e conoscere
concetti come l’Equatore.
Arrivati in America, è dolce pensare come la prima
cosa che videro fu la Statua della libertà, interpretata però come la Madonna
con in mano il Vangelo e lo Spirito Santo.
Si racconta bene, inoltre,
dell’arrivo all’isola di Ellis, dove venivano selezionati i migranti che
potevano entrare, di come fossero strani i controlli ed i test, e di come si
cercasse di rendersi più presentabili possibile in vista della grande America,
che però avrebbe portato solo delusioni.
All’arrivo in America Maria e il
marito risiedono per un po’ a New York, per poi andare a lavorare in miniera,
in Colorado. Qui il lavoro non fu affatto facile: lui era costretto a lavorare ben
più di otto ore al giorno in piccole e profondissime cavità, dove i pericoli
delle frane erano all’ordine del giorno, e lei costretta nelle cucine, a
preparare pasti per tutti i minatori. La paga era davvero insufficiente, e
molti minatori si ammalarono di cancro ai polmoni. Intanto nacque il primo
figlio, che venne chiamato come il padre di lei.
Poi però il marito prese
un’infezione agli occhi, così Maria fece voto a Santa Lucia che, se avesse
guarito il marito, avrebbe chiamato Lucia la sua prossima figlia, e così fu. Ma
ormai la situazione era diventata ingestibile per i poveri minatori, che
scioperavano e si organizzavano in tende. In questo periodo nacquero altri due
figli, ma il peggio stava per arrivare.
Un giorno, l’esercito e la polizia diedero fuoco alle tende e spararono alla folla. Maria si nascose nella
fossa dove le donne partorivano, insieme ai figli e ad altre donne, ma il fumo
uccise tutti lì dentro, tutti tranne lei. I suoi figli erano morti, e non le
restava altro da fare che ricominciare tutto, nella tristezza, nell’angoscia e
nel terrore.
Tempo dopo, lei ed il marito
ricostruirono la loro famiglia tale e quale, racconta con ironia. I figli erano
stati chiamati nello stesso modo. Ma nulla di ciò che successe venne
dimenticato, rimase indelebile nella mente di questa donna che, dopo tanta
speranza, si era ritrovata col mondo crollato addosso.
Credo che questa sia una delle
storie più dolorose che abbia mai sentito, il Massacro di Ludlow, realmente accaduto nel 1914.
Il monologo fa luce sulla tragica storia dell’emigrazione italiana, una storia
poco raccontata nel mondo, ma incredibilmente importante.
Eleonora Spolaore e Valeria
Pecere, 3C
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