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Matteo Cippitelli nei panni di Sherlock Holmes |
Tutti quanti, chi direttamente, chi pagando un biglietto,
sono venuti a contatto con l’intricato e passionale mondo del teatro. Adattarsi
di continuo non è semplice per tutti, sapersi adattare e mantenere uno stile di
base è ancora più difficile.
Non voglio però star qui ad ammorbarvi con questo
discorso, o almeno, non oggi. Ho intervistato un mio carissimo amico e compagno
fidato di teatro al laboratorio Carpe Diem, che la prof.ssa Petrucci tiene nella sua omonima associazione: Matteo Cippitelli della classe 3°D
della nostra scuola che ha rilasciato un’intervista sul suo modo di vivere il
teatro.
Matteo, ha partecipato nella nostra scuola allo spettacolo "Viaggio nella memoria", al termine del laboratorio teatrale per le classi terze tenuto dalla prof.ssa Petrucci, e al corto sul bullismo, nell'ambito del progetto "Together we can: stop bullying". Entrambi con grande consenso del pubblico.
Dimmi Matteo, quando sei venuto a contatto con il mondo del teatro?
Secondo me tutti
nella loro vita recitano, ma se parliamo di un contatto laboratoriale l’ho
avuto alle elementari con le famigerate recite, che però risultavano banali e
quasi grottesche. Pratico l’attività da 4 anni, considerati i 2 anni di
laboratorio teatrale Carpe Diem dove mi trovo bene. Vado fiero dei miei spettacoli con la Capitana (il nostro ‘boss’), considerata la reazione
entusiastica del pubblico, specialmente dei miei genitori che mi hanno visto
maturare.
Da dove nasce questa passione così intensa?
La passione nasce dal fascino
che hanno su di me le altre arti: musica, cinema, scrittura… anche se a volte
non riesco a viverle a pieno perché non mi lascio molto andare all’emotività.
Quello che mi ha spinto a recitare è una necessità che ho. Secondo me tutti
hanno il desiderio di diventare qualcuno, e io ho cavalcato l’onda che spero mi
porti lontano.
Cosa provi quando reciti?
Quando recito non ho
un’emozione fissa…dipende tutto dal personaggio e dalla sensibilità soggettiva.
Non sono particolarmente emotivo, anzi, a volte risulto anche abbastanza
cinico, ma per me l’emotività è un’arma a doppio taglio. Se si resta inebriati
dai propri sentimenti si perde lucidità e nelle relazioni sociali si decade
nell’illusione. Per me il teatro è raccontarsi. Anche solo l’odore di quando si
entra in un teatro racconta una storia. Il sedersi tra le sedie, guardare fisso
quel palco e immaginarsi lì è impressionante. Quei 30 minuti prima del debutto,
li vivo perennemente nel panico più totale al punto che anche dopo svariati tentativi di
limitazione mi sento esplodere. È come quando spingi una palla sul fondo della
piscina e poi torna su 10 volte più velocemente. Sembrerò pazzo, ma di questo
non cambierei nulla e vorrei riviverle tutti i giorni quelle sensazioni.
Il tuo personaggio più stuzzicante?
Il personaggio più
stuzzicante? Beh… io mi rispecchio in quasi tutto ciò che abbiamo fatto a
teatro. Ho messo molto di me stesso in una scena piuttosto macabra e espressiva
che abbiamo fatto appunto io e te assieme sull’ossessione. Il gotico mi
rispecchia e lo apprezzo; per me ogni personaggio che interpreto lascia in me
qualcosa di speciale che muta una parte del mio modo di vivere, di essere e
soprattutto di recitare.
Come in tutte le attività di gruppo, c'è sempre un twist comico ogni tanto... ne ricordi qualcuno?
Sì, ho vissuto
molti momenti divertenti, soprattutto nelle improvvisazioni, che a volte temo
perché ho un confronto diretto con gli altri che tirano fuori le loro carte
migliori e bisogna sforzarsi per non restarne soggiogati. I momenti più ilari
sono stati quelli durante le prove dello spettacolo dello scorso anno, Peter Pan, dove le
risate si mischiavano al panico dello spettacolo imminente e ci rendevano un
gruppo unito.
Hai qualche attore che ammiri in particolare?
Ammiro
molti attori, come Anna Magnani, ma non viaggio a preferenze perché ognuno i
loro ha qualcosa che lo rende originale.
Intervista raccolta da
Benedetta Bulgarini, 3E
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